trauma – Psicologa a Palermo Noemi Venturella https://www.psicologa-noemiventurella.it Psicologa a Palermo Thu, 15 Aug 2024 11:55:25 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.5.15 https://www.psicologa-noemiventurella.it/wp-content/uploads/2020/04/cropped-favicon-venturella-psicologa-palermo-3-32x32.png trauma – Psicologa a Palermo Noemi Venturella https://www.psicologa-noemiventurella.it 32 32 “Trauma”: capiamoci qualcosa! https://www.psicologa-noemiventurella.it/psicopatologia/trauma-capiamoci-qualcosa/ https://www.psicologa-noemiventurella.it/psicopatologia/trauma-capiamoci-qualcosa/#respond Thu, 15 Aug 2024 11:55:25 +0000 https://www.psicologa-noemiventurella.it/?p=1838 La parola “trauma” è oggi entrata nell’uso comune, se non abusata. La buona abitudine, in questi casi, è sempre quella di provare a interrogare le parole per capire cosa contengono e utilizzarle in buona coscienza! Il termine deriva dal greco trayma, letteralmente “trafittura, perforazione”, ma anche “ferita”. Le esperienze traumatizzanti creano in effetti un turbamento [...]

L'articolo “Trauma”: capiamoci qualcosa! proviene da Psicologa a Palermo Noemi Venturella.

]]>
La parola “trauma” è oggi entrata nell’uso comune, se non abusata. La buona abitudine, in questi casi, è sempre quella di provare a interrogare le parole per capire cosa contengono e utilizzarle in buona coscienza!

Il termine deriva dal greco trayma, letteralmente “trafittura, perforazione”, ma anche “ferita”. Le esperienze traumatizzanti creano in effetti un turbamento dell’omeostasi psichica cui la mente reagisce difensivamente con una frattura tra parti del sé o della personalità.
Per citare qualche definizione clinica, per
Laplance e Pontalis “trauma psichico” è “un evento della vita della persona che è caratterizzato dalla sua intensità, dall’incapacità del soggetto di rispondervi adeguatamente, dalla viva agitazione e dagli effetti patogeni durevoli che esso provoca nell’organizzazione psichica”. Similmente, Selye collega il trauma alla mancata capacità di un soggetto di adattarsi alle situazioni della vita; e Tagliavini aggiunge come le dinamiche di traumatizzazione si basino sul modo unico e individuale con cui un individuo esperisce un evento, una serie di eventi o un insieme di condizioni durature nelle quali è sopraffatta la sua capacità di integrare la propria esperienza.

Ma cosa rende un evento potenzialmente traumatizzante un trauma vero e proprio in grado di far questo alla psiche di un individuo?

Per comprendere la dinamica di traumatizzazione, è sicuramente necessario indagare l’evento-cardine che può aver generato tale destrutturazione; tuttavia, ciò non è sufficiente!
A fronte di un evento potenzialmente traumatico, bisogna prendere in esame anche la storia e le caratteristiche personologiche della persona.

Tutti gli eventi stressanti, infatti, sono potenzialmente traumatizzanti; è la presenza di una SOGGETTIVITA’ più resiliente o più vulnerabile ad influire sul generare la dinamica di traumatizzazione!

  • Se il paziente è “resiliente”, ovvero possiede una serie di solide risorse (biologiche, emotive, psicologiche, relazionali, affettive, sociali, massimizzate da uno stile di attaccamento sicuro) in grado di attivarsi in situazioni più o meno stressanti legate alla sua sopravvivenza e al suo benessere, egli sarà tendenzialmente capace di ripristinare la risposta fisiologica che il corpo mette in atto di fronte a condizioni che potrebbero soverchiare il suo funzionamento. Al contrario, in assenza di resilienza, sorgeranno più facilmente problemi di adattamento.
  • Una condizione pregressa di vulnerabilità renderà un evento stressante meno fronteggiabile e quindi più facilmente traumatico (e tendente a tradursi in sintomi); ciò è spesso esito di un attaccamento non responsivo e protettivo e o di una relazione precoce incoerente e contraddittoria con i caregivers.

In quest’ultimo caso, come scrive Herman, “la risposta ordinaria alle atrocità è di bandirle dalla coscienza”. Se infatti, come dicevamo, la potenza del trauma esonda rispetto alle risorse elaborative dell’individuo, egli percepisce un attacco al senso di sicurezza che genererà “una divisione del sé o della personalità del paziente in parti che hanno ognuna un proprio senso di sé e che sperimentano troppo o troppo poco” (G. Tagliavini). I pazienti traumatizzati tendono infatti a difendersi trovando una “fuga quando non c’è via di fuga” (Putnam, 1997) e portano nel corpo i segni degli eventi traumatici; si tratta di memorie emotive post-traumatiche che vengono però dissociate: emozioni intense e violente, traumatiche e corporeizzate, che Bromberg ha equiparato all’effetto di uno TSUMAMI poiché corrispondono a “un’inondazione di stati affettivi caotici tale che la mente non è in grado di elaborare attraverso i processi cognitivi” e tali da generare una profonda destabilizzazione del senso di Sé. Questa “ombra dello tsunami”/trauma si riattualizza continuamente nel presente e “tormenta la persona da quel momento in poi, ne depreda il presente e il futuro, soprattutto quando l’origine dello ‘tsunami’ si colloca nelle fasi precoci dello sviluppo individuale”.
Più grave è il trauma e più gravi saranno queste manifestazioni, le quali “possono potenzialmente colpire ogni area del funzionamento psicologico” (O. Van De Hart).

 

ATTENZIONE PERO’ A NON PATOLOGIZZARE TUTTO!

E’ sempre importante evitare diagnosi troppo facili e riduttivistiche. Le difese dissociative, infatti, non sono di per sé un fenomeno negativo, in quanto permettono di mantenere un equilibro psicosomatico in risposta a situazioni di stress (ad es., impediscono di essere travolti da emozioni particolarmente intense o dolorose).

Divengono patologiche quando si ricorre eccessivamente e in modo ricorrente ad esse, caso in cui è importante salvaguardare il proprio benessere chiedendo aiuto a dei professionisti qualificati!

L'articolo “Trauma”: capiamoci qualcosa! proviene da Psicologa a Palermo Noemi Venturella.

]]>
https://www.psicologa-noemiventurella.it/psicopatologia/trauma-capiamoci-qualcosa/feed/ 0
Riflessioni psicologiche sulla Violenza Umana https://www.psicologa-noemiventurella.it/psicopatologia/riflessioni-psicologiche-sulla-violenza-umana/ https://www.psicologa-noemiventurella.it/psicopatologia/riflessioni-psicologiche-sulla-violenza-umana/#respond Sun, 20 Dec 2020 21:53:01 +0000 https://www.psicologa-noemiventurella.it/?p=1596 Un bambino estremamente vulnerabile diviene quindi un adulto aggressivo e violento per una sorta di necessaria, ma patologica, difesa alle violenze che ha a sua volta subito nella sua vita.

L'articolo Riflessioni psicologiche sulla Violenza Umana proviene da Psicologa a Palermo Noemi Venturella.

]]>
In tv oggi sono frequentissimi i programmi a sfondo violento: documentari sugli omicidi che hanno interessato l’opinione pubblica, approfondimenti su rapimenti e morti famose, focus su eminenti assassini e serial killers. Non sto parlando di film horror, ma di scene forti e sanguinarie reali, autorizzate a passare sui nostri schermi come “intrattenimento” mascherato da “approfondimento”.
L’illusione trasmessa da queste trasmissioni è quella di soddisfare curiosità sulla natura umana e sul funzionamento della mente.
In realtà però per comprendere la psiche, anche quella più violenta, bisogna andare oltre alle generalizzazioni, alle ricostruzioni dei delitti, alle fotografie, agli interrogatori e alle indagini.

Dal punto di vista psicologico, il fenomeno della violenza umana è molto interessante, non solo perché, seppur in modi molto variegati e spesso non nocivi, la rabbia e gli atti aggressivi appartengono a tutti… ma anche perché è possibile considerare questi “personaggi” non come mostri! Si tratta infatti di “persone” con una storia difficile che ha generato in loro un disturbo psichiatrico e o relazionale.

 

In questi casi, le alterazioni psicopatologiche più frequenti sono:

  • Disturbi Ossessivo-Compulsivi, caratterizzati da idee reiterate che costringono a condotte compulsive, in questo caso a carattere etero-aggressivo, finalizzate a scaricare la tensione interna;
  • Disturbi della Sfera Sessuale;
  • Disturbi Schizofrenici, soprattutto il sottotipo Paranoide della schizofrenia, che presenta di rabbia, ansia, distacco, atteggiamento polemico, allucinazioni uditive e o deliri di persecuzione, grandezza e onnipotenza che si sostituiscono progressivamente alla realtà;
  • Disturbi dissociativi (amnesia dissociativa, fuga dissociativa, disturbo di depersonalizzazione e disturbo dissociativo dell’identità, ovvero il classico disturbo da personalità multipla);
  • Disturbi correlati ad abuso di Sostanze, frequenti nella storia dei serial killer in almeno il 50% dei casi (C. Lucarelli, M. Picozzi, 2003);
  • Disturbi di Personalità, soprattutto Disturbo Antisociale, Borderline e Narcisistico (con particolare riferimento alla cosiddetta “Sindrome di Narcisismo Maligno”).

 

Queste però sono solo etichette diagnostiche da manuale.
Cosa c’è realmente dietro?

Per comprendere come funzionano gli esseri umani, è questo che bisogna sempre chiedersi!

Nel caso della violenza a sfondo omicidiario, le ricerche mostrano che è la coincidenza tra fattori “costituzionali”, familiari e sociali a generare un disagio esistenziale in grado di predisporre certi individui ad agire con ferocia e brutalità.

Innanzitutto, è necessario dire che, come ogni essere umano, anche “il serial killer è il prodotto della famiglia di provenienza e del sistema di pensiero genitoriale” (R. De Luca, 2001). Esperienze infantili dolorose e poco accudenti e comunicazioni genitoriali distorte, svalutanti e violente privano ogni bambino di quella fiducia in se stesso essenziale per crescere, lasciandolo una “Persona Incompiuta” (U. Callari, 1989) estremamente fragile. Un bambino che cresce in questo tipo di ambiente carente ha spesso enormi insicurezze; se inoltre ha temperamento predisposto a reagire con rabbia, potrebbe accadere che, per provare piacere, efficacia personale e stima di sé, egli ricorra a estreme forme di violenza. L’omicidio, in particolare, è quell’atto che permette il totale controllo della vita altrui: in esso, si sperimenta il potere di dare la morte. Uccidere è, in questo senso, un estremo, soddisfacente, atto di onnipotenza!

Un bambino estremamente vulnerabile diviene quindi un adulto aggressivo e violento per una sorta di necessaria, ma patologica, difesa alle violenze che ha a sua volta subito nella sua vita. Le caratteristiche dell’era capitalistica (es.: elevato livello di isolamento e di alienazione, stress, frammentazione del sistema familiare, mancanza di empatia e competizione sfrenata) complicano ulteriormente questo quadro, rendendo maggiormente vulnerabili questi individui.

 

In estrema sintesi, è questo che non dobbiamo dimenticare di fronte alle semplificazioni dei programmi tv.

Perché questo tipo di persone rappresentano qualcosa della natura umana: “sono gli epigoni antropologici di un mondo primitivo le cui spore, presenti in ognuno di noi, germogliano per motivi tutt’ora poco chiari solo in un numero limitato di individui” (G. Magnarapa e D. Pappa, 2003).

E perché è da qui, dalle origini della violenza, che inizia la cura!

 

“Il passato è il Prologo”
(G. O. Gabbard, 2007).

“Il bambino è il padre dell’uomo”
(W. Wordsworth, 1802).

 

___

BIBLIOGRAFIA

Callari, U. (1989), Violenza morale sui minori, Criminologia e psicopatologia forense, 1989, 1, pp. 409-410
De Luca, R. (2001), Anatomia del serial killer, Giuffrè Editore, Milano

Gabbard, G. O. (2007), Psichiatria psicodinamica, Cortina, Milano

Lucarelli C., Picozzi M., (2003), Serial killer. Storie di ossessione omicida, Arnoldo Mondadori Editore, Milano

Magnarapa G., Pappa D., (2003), Teoria e pratica dell’omicidio seriale, Armando Editore, Roma

Wordsworth, W. (1802), Poems – Poesia (1798-1807), Milano, Mursia, 1997.

L'articolo Riflessioni psicologiche sulla Violenza Umana proviene da Psicologa a Palermo Noemi Venturella.

]]>
https://www.psicologa-noemiventurella.it/psicopatologia/riflessioni-psicologiche-sulla-violenza-umana/feed/ 0