#esetidicessicheiltuocorpoparla? – Psicologa a Palermo Noemi Venturella https://www.psicologa-noemiventurella.it Psicologa a Palermo Sat, 05 Mar 2022 11:05:26 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.5.15 https://www.psicologa-noemiventurella.it/wp-content/uploads/2020/04/cropped-favicon-venturella-psicologa-palermo-3-32x32.png #esetidicessicheiltuocorpoparla? – Psicologa a Palermo Noemi Venturella https://www.psicologa-noemiventurella.it 32 32 E se ti dicessi che il tuo Corpo parla? https://www.psicologa-noemiventurella.it/esempi-clinici/e-se-ti-dicessi-che-il-tuo-corpo-parla-2/ https://www.psicologa-noemiventurella.it/esempi-clinici/e-se-ti-dicessi-che-il-tuo-corpo-parla-2/#respond Sat, 05 Mar 2022 11:05:26 +0000 https://www.psicologa-noemiventurella.it/?p=1802 A cura della dott.ssa Dominga Gullì e della dott.ssa Noemi Venturella 1.3 L’Ansia Somatizzata L’ansia è tra i motivi più frequenti per cui è richiesto un aiuto psicoterapeutico; spesso, infatti, dopo averla rimandata per anni, l'ansia dice “BASTA!”. E’ questo il momento in cui i suoi sintomi si acuiscono e divengono sempre più forti e [...]

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A cura della dott.ssa Dominga Gullì e della dott.ssa Noemi Venturella

1.3 L’Ansia Somatizzata

L’ansia è tra i motivi più frequenti per cui è richiesto un aiuto psicoterapeutico; spesso, infatti, dopo averla rimandata per anni, l’ansia dice “BASTA!”. E’ questo il momento in cui i suoi sintomi si acuiscono e divengono sempre più forti e persistenti.

Per comprendere la potenza dei sintomi ansiosi, possiamo subito notare come lo stesso termine “Ansia” (che deriva dal greco “Anchein” e dal latino “Angere”, ovvero “stringere”, “soffocare”, “angosciare”) riporti a un concetto di sofferenza fisica, a un senso di oppressione, di soffocamento, di impossibilità a respirare. L’ansia infatti è tra i disturbi con i maggiori sintomi corporei, comportamentali ed emozionali: tremori, vertigini, difficoltà respiratorie, paure specifiche e/o generiche, preoccupazioni, palpitazioni, dolori al petto, sudorazione, nausea, addormentamento degli arti, confusione mentale, pensieri rimuginanti e ripetitivi, scarsa memoria dovuta alla difficoltà di concentrazione e simili.

L’Ansia è comune a molte situazioni di disagio psichico ed è soprattutto il sintomo fondamentale dei Disturbi d’Ansia (disturbo d’ansia da separazione, mutismo selettivo, agorafobia, ipocondria, fobie specifiche, disturbo d’ansia generalizzata, disturbo di panico, fobia sociale, disturbo d’ansia indotto da sostanze, disturbo d’ansia causato da altre situazioni mediche).

Può essere definita come un sentimento di tensione, apprensione e inquietudine che nasce dalla rappresentazione di un pericolo (reale o immaginario, oggettivo o soggettivo); esso è però anticipato e amplificato nei suoi effetti, che sono vissuti in modo minaccioso. Il soggetto ansioso, dunque, TEME ANTICIPATAMENTE qualcosa che non è ancora presente, ma che potrebbe forse accadere.

  • Per essere più precisi, l’ansia è comunque uno stato affettivo innato che ognuno sperimenta fisiologicamente nel corso della vita e che, entro certi limiti, svolge una FUNZIONE ADATTIVA, poiché favorisce la mobilizzazione delle risorse psichiche e fisiche più adeguate ad affrontare una situazione impegnativa.

  • Diviene espressiva di PATOLOGIA PSICHICA quando vi è un’elevata sproporzione tra reale pericolosità dello stimolo ansiogeno e intensità e durata della risposta ansiosa… Fino al grado  più elevato in cui l’ansia non è più in rapporto ad alcun evento esterno né a contenuti mentali coscienti. In questi casi la persona può convivere con due disagi importanti e imponenti:
    a) vive con un costante senso di allarmismo e prova una tensione di fondo, che si cronicizza nel tempo se non si cura;
    b) compie svariate rinunce per evitare di ritrovarsi in situazioni che scatenano sintomi e disagi.

Riportiamo di seguito due Casi Clinici a titolo di esempio:

1)  Giovanna

Giunge in terapia per un’ansia invalidante che la sta bloccando nelle relazioni sociali e soprattutto nel sostenere gli esami universitari. Sin da piccola ricorda una grande sofferenza nel fare verifiche a scuola, ansia che manifestava con rigurgiti fin dal giorno prima, insonnia e dolori gastrointestinali. G. è una giovane adulta intelligente, loquace e sensibile; tratti che ci consentono fin da subito di costruire una solida fiducia terapeuta-paziente. G. mi affida il suo blocco in varie aree esistenziali:

  • non ha un’ampia progettualità futura – se non superare gli esami e forse laurearsi – e fa dipendere tutto dalle scelte professionali del suo partner;

  • soffre di amenorrea (senza alcuna disfunzione organica);

  • c’è un’impossibilità comunicativa con i genitori;

  • ha difficoltà con gli esami universitari, che da tempo sono diventati un circolo vizioso: studia, poi due settimana prima dell’esame inizia la sintomatologia fisica che causa emicrania, disturbi intestinali e rigurgiti; arriva così senza energia al giorno dell’esame, tanto da non potersi reggere in piedi per recarsi all’università. Nei casi in cui riuscisse ad andare, ii momenti prima dell’esame sono caratterizzati da disturbi intestinali e attacchi di panico che la portano a scappare dall’edificio.

La vita di G. è immobile e angosciante. Tuttavia i nostri incontri sono estremamente piacevoli, autentici, intensi e ci consentono di entrare dentro il “blocco”. L’infanzia di G. è caratterizzata da una subdola e continua violenza psicologica, e talvolta anche brutalmente fisica, del suo caregiver, che la impaurisce perfino quando è assente! “Sei brutta, sei incapace, guarda quanto ti sei fatta grossa… Tuo cugino si è laureato! Guarda quel tuo compagno quant’è bravo all’università…”. G. è una figlia sbagliata e non meritevole di affetto e stima… come potrebbe concedersi di superare esami e interrompere questo circuito in cui ormai si identifica? Non può neanche scegliere i suoi vestiti quando insieme alla madre va a fare shopping perché “i vestiti li sceglie chi li paga”.

Durante le narrazioni emerse nello spazio di cura, G. scorge che la violenza rivolta a lei è consuetudine nel rapporto della sua coppia genitoriale e che la Madre presenta anomalie comportamentali con il cibo e con la cura del corpo. “Forse qualcosa che non va c’è… e non è solo in me… Ma come faccio?”. Così G. inizia a ribellarsi a quelle modalità genitoriali arrabbiandosi, raccontando la sua sofferenza e decidendo di andare a vivere insieme al compagno; inizia a desiderare di diventare un professionista competente nel proprio settore e a sperare che i suoi progetti possano incontrarsi con quelli del compagno. I primi passi verso l’autonomia! Pian piano G. riprenderà i contatti con gli amici e instaurerà una relazione più matura con i suoi genitori, riconoscendo i loro limiti e avvalorando la loro presenza. G. non teme più il confronto con l’Altro e inizia a costruire relazioni che la fanno star bene. Gli esami universitari non sono più vissuti come evento catastrofico ma come momento che si può affrontare… Il ciclo mestruale ritorna!
Il blocco e l’incastro in cui G. viveva non consentiva al suo corpo di esprimersi per ciò che era e conteneva. Oggi G. è una persona che è riuscita a liberarsi dall’abito che gli altri le avevano cucito addosso ed è riuscita a scegliere e a indossare l’abito che più desiderava!

 

2) Giusy

Arriva in terapia con sintomi ansiosi che raggiungono l’apice la notte: è insonne, il suo ritmo sonno-veglia è sfasato (soprattutto dall’inizio della pandemia) e la notte è preda di una fame vorace che la porta a mangiare anche cibi detestati. Racconta di una famiglia “nomade”, che ha seguito gli spostamenti lavorativi del papà trasferendosi altrove dopo la fine del liceo della sorella …ma a metà del suo. Sentirà questo transito come una sorta di  tradimento delle sue esigenze, che non riuscirà più a individuare. L’economia familiare è organizzata da una madre severa con l’idea ossessiva della dieta e della perfezione. G., in effetti, è a dieta fin da bambina e non ama le sbavature: puntuale, studentessa da 110elode, presenzialista, paziente da “mille grazie” e da pagamento in anticipo.

Nel corso della terapia, emerge chiaramente che G. è chiamata ad essere magra e perfetta in contrapposizione ad una sorella nata con difficoltà e cresciuta talmente protetta da sviluppare deficit socio-relazionali e un’obesità importante. G. deve compensare tutto questo, compiacere sua madre, non deluderla mai: si è mangiata le aspettative della mamma come si farebbe con un piatto di pasta. Qualsiasi spostamento da esse, genera disappunti aggressivi e ipercriticismo da parte della madre e forti sensi di colpa. L’Altro, insomma, la organizza, ma la consapevolezza su questo funzionamento è osteggiata da un forte meccanismo di negazione che la porta a reprimere ciò che pensa: “tutto bene, non ho nulla da dirle oggi”. Spesso, infatti, G. si difende ed è difficile farla lavorare analiticamente. Il suo corpo, però, si oppone a questa repressione e sviluppa una particolare dermatite che si esprime in corrispondenza di forti stress.

Dopo quasi 1 anno di terapia, G. compie finalmente una scelta in base a parametri personali: lavoriamo insieme sulla scelta della specialistica da frequentare, che sarà alla fine non quella più blasonata o dal lavoro sicuro (insegnante come la madre) o meno onerosa per i genitori… ma quella che più la entusiasma. Certo, è una scelta impegnativa e prestigiosa… Dopo la quale G. decide che ha raggiunto il massimo che poteva fare in questa fase della sua vita. Ora deve dedicarsi al 100% all’università o si sentirà in colpa per far spendere soldi inutili ai genitori e per non essere all’altezza dei colleghi e degli standard previsti dai docenti. Non può dedicare tempo alla terapia, non può piangere (non le piace), non può sostare sul dolore che prova per ciò che l’ha resa “Giusy”; non può più distrarsi! Bisogna interrompere la psicoterapia!

Come Curare i Disturbi d’Ansia?

L’ansia funziona come un campanello d’allarme che può portare la persona a rivalutare i propri conflitti interiori e se stessa. In questi casi, la psicoterapia è un valido strumento per giungere a un equilibrio migliore. 

Da ciò che abbiamo riportato negli esempi clinici, è possibile dedurre che la causa dei disturbi d’ansia è multifattoriale: fattori genetici, familiari-educativi e ambientali sono tutti equamente importanti e si rafforzano l’uno l’altro. Un percorso di psicoterapia aiuta a individuare la causa profonda dell’ansia e va poi a risignificarla e a rimodularla.

Poiché i disturbi d’ansia sono caratterizzati da risposte eccessive a situazioni che non costituiscono una reale minaccia, il lavoro terapeutico ha l’obiettivo generale di permettere alla persona di normalizzare e di gestire meglio le situazioni vissute con ansia, favorendo scelte di vita coerenti con il proprio benessere, riducendo il malessere e superando i limiti dati dai sintomi. Essa agisce sul funzionamento globale della persona, aumentando la conoscenza di sé (compreso il significato dei propri malesseri corporei!), la gestione delle emozioni e rendendola in definitiva più libera e forte. Mette così la persona in condizione di acquisire un maggiore livello di sicurezza in se stessa.

La conoscenza e consapevolezza dei propri meccanismi interni – sia psichici, che somatici – e la comprensione profonda dei motivi e dei momenti della storia di vita che hanno originato la sintomatologia ansiosa sono un risultato a lungo termine della psicoterapia che rappresenta un arricchimento in grado di migliorare la qualità di vita della persona.

Continueremo nei prossimi articoli ad approfondire queste forme di disagi.
Tali approfondimenti sono da considerarsi esemplificativi e, certamente, non esaustivi della complessità dell’espressione del disagio umano. Qualora ti sia ritrovato in una condizione simile a quelle qui descritte puoi scriverci o contattarci!

Dott.ssa Dominga Gullì e dott.ssa Noemi Venturella.

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Riferimenti Bibliografici:

 American Psychiatric Association (2014), Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali. DSM-5, Raffaello Cortina Ed., Milano;
 Barnhillhill J.W. (2014), Casi Clinici, Raffaello Cortina Ed., Milano;
 La Barbera D. (2003), Percorsi clinici nella psichiatria, Medical Book, Milano;
 Lingiardi V., McWilliam N. (2020), Manuale Diagnostico Psicodinamico PDM-2, Raffaello Cortina Ed., Milano.

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A cura della dott.ssa Dominga Gullì e della dott.ssa Noemi Venturella

1.1. Il Corpo come Sintomo

 

“Le malattie che sfuggono al cuore
divorano il corpo”
(Ippocrate)

“Cosa la porta qui?”. Sempre più frequentemente, i nostri pazienti arrivano in psicoterapia rispondendo a questa domanda inaugurale con la descrizione di malesseri corporei o con segni di più o meno chiare somatizzazioni.

L’uomo, d’altronde, “ha un corpo”, nel senso che attraverso esso fa l’esperienza della vita in modo concreto e tangibile, ed “è un corpo”, nel senso che i suoi gesti quotidiani si susseguono in automatico, come espressione del suo stesso essere, ovvero senza la consapevolezza di come essi si realizzano somaticamente.

Per noi psicoterapeuti, attenzionare il livello corporeo è fondamentale. E ciò non solo per le derive di una “civiltà dell’immagine” che induce più visualizzazioni, corpi in primo piano e voyerismi che pensieri. Ma soprattutto poiché, come dice Carotenuto, “il corpo non può mentire!“. “Non esiste migliore espressione di un’anima ferita del suo corpo”.
Questa ferita, infatti, è spesso muta, ma ci dà indizi di sé attraverso corpi tagliati, deformati da una alimentazione carente o eccessiva, asfissiati dall’ansia, costellati da dermatiti senza chiare cause organiche. O ancora, da sguardi concentrati su parti del corpo proprie e altrui, da attenzioni focalizzate su aspetti somatici, muscoli, selfie… piuttosto che sulla vita. Spesso, anche da una iper- o ipo-sessualità tutta corporea che esclude il piacere profondo e nutriente del vero incontro.

A seguito di un intenso confronto su questo tipo di pazienti che sempre più spesso ci capita di prendere in carico, abbiamo allora pensato di approfondire il rapporto mente-corpo con esempi clinici, teorie, percorsi di cura e spiegazioni. Questo, con l’obiettivo di facilitare nei nostri lettori l’individuazione di un malessere che necessita di cura e delicatezza e che, invece, oggi viene spesso sottovalutato fino alle più gravi conseguenze.

 

Noi riteniamo che il corpo parli e che pertanto vada ascoltato!

Come scrive Carotenuto, “La creazione artistica del corpo è un’attività prodigiosa, che riassume in sé tutta la complessità della psiche umana. Dalla proiezione alla sublimazione, esso diventa il riflesso dell’anima: la sua voce silente” (A. Carotenuto, 2002). Bisogna quindi imparare ad ascoltarla!

 

Una ulteriore complessificazione: l’Effetto-Pandemia

Come dicevamo anche qui, l’attuale pandemia da Covid-19 ha ulteriormente contribuito alla corporeizzazione del malessere, re-introducendo la fragilità e il pericolo di ammalarsi entro un sistema culturale fondato sulla rimozione della vulnerabilità umana. L’emergenza che tutti ci siamo ritrovati ad attraversare ha implicato un complesso e repentino cambiamento delle abitudini e dei ritmi di vita dell’intera società; il profilarsi di scenari incerti dove paure e speranze si avvicendano, ha generato, oltre allo stravolgimento del vivere quotidiano, una condizione di instabilità psichica. Un impatto che va aldilà del contagio virale; un impatto che coinvolge il contagio emotivo e che va a colpire l’equilibrio psicofisico di ognuno. L’obbligatorietà dello stare in casa ha inoltre implicato un maggiore contatto con se stessi e con l’impossibilità di agire con le solite fughe (tempi veloci, iper-produttivi, assenza di tempi “morti”) …che in alcuni casi si sono rivelati non sostenibili per le persone.

“Il corpo, non più strumento e condizione piena dell’umana immersione sensoriale nel mondo (A. Le Breton, 2007) e nella sua socialità, è diventato in questo tempo straordinario di crisi sanitaria, prima di ogni altra cosa, “luogo della vulnerabilità” (A. Le Breton, 2020), spazio della minaccia e del rischio, perché la malattia e la morte sono state percepite come in agguato, pronte a colpire nella forma invisibile di un virus che ha stravolto il mondo e che si trasmette nel contatto tra gli esseri umani” (E. Zito).

 

Cosa fare quando c’è uno (o più) sintomi corporei?

Il corpo è il primo tramite essenziale nella relazione sé-altro; in quanto tale, i suoi sintomi sono da considerarsi come peculiari espressioni – a livello corpo-mente-cervello – degli affetti che hanno superato la soglia dello stress grave e che pertanto si esprimono in una forma di dis-regolazione neurobiologica che attacca direttamente il soma (colpendo organi, nervi, pelle o con malattie del metabolismo e del sistema immunitario oppure turbando funzioni come sonno, digestione, battito cardiaco, pressione sanguigna, etc.).

I sintomi corporeizzati sono il risultato di uno “stress cronico emotivo persistente” che danneggia i tessuti o colpisce gli organi-bersaglio, cioè quelli che probabilmente già presentavano una vulnerabilità o familiarità, la cui causa comunque rimane la costante disregolazione affettiva creata da traumi relazionali precoci, rinforzata poi probabilmente dalle future relazioni negative e dagli eventi stressanti.

In queste Persone il sintomo spesso si stabilisce allo scopo di interrompere il collegamento emotivo con il dolore psichico, che viene così lasciato NON elaborato.

Questo però non è un processo di cura! La Persona vive comunque grandi difficoltà psichiche e forti sofferenze che troveranno remissione solo all’interno di un Percorso Psicoterapeutico che – con uno sguardo attento, analitico, che sa come guardare, esplorare, chiedere senza recare ulteriore “oltraggio” a quanto di sacro e protetto contengono questi indizi di sofferenza – possa re-iscrivere la persona in una nuova storia relazionale (C. Mucci, 2018).

 

Nei prossimi articoli approfondiremo ulteriormente queste problematiche.
Potete continuare a leggerci o a scriverci qualora vi siate ritrovati nelle situazioni qui introdotte!

 

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Bibliografia

Carotenuto A., Il gioco delle passioni, 2002
Anzieu D., L’Io pelle, 2017
Mucci C., Corpi Borderline, 2020
McDougall J., I teatri del corpo, 1990
Trombini G., Baldoni F., Psicosomatica, 1999
Zito E., Corpo, isolamento sociale e fatica digitale in tempi di pandemia, 2020, Narrare i gruppi.

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