Oggi ho ritrovato questo file con un compito svolto durante la specialistica. Rileggendomi, ho pensato alle giovani che mi hanno recentemente chiesto di svolgere in studio il loro tirocinio formativo e soprattutto ai miei giovani pazienti sfiduciati per il loro futuro. Ho pensato a quanto è dura trovar-si, ma anche a come valga sempre la pena di incoraggiarli, di sperare e di lavorare su & con se stessi per riuscire!

E quindi ecco in dono un Pezzetto-Testimonianza della me lottatrice e determinata di 10 anni fa:

“A partire dallo stimolo “DIVENTARE PSICOLOGO”, ti chiediamo di scrivere un testo di 2-3 pagine: scrivi liberamente tutto quello che vuoi e che ti viene in mente, senza riflettere troppo su ciò che vuoi esprimere e senza preoccuparti degli aspetti formali del testo.”

“Credo avessi 13 anni, dovevo scegliere la scuola superiore e stavo attorno a un grande tavolo con la mia famiglia. Non so come fosse possibile, ma già allora dicevo convinta: “voglio andare al liceo classico perché mi apre la mente e poi voglio studiare psicologia!”. Mia madre non era convinta di questa mia impulsività pre-adolescenziale, ma non poté che assecondarmi.

Da quando ho memoria, ho sempre voluto diventare psicoterapeuta. Forse perché ho molto sofferto per un’infanzia un po’ tradita da genitori che i genitori non li hanno saputi molto fare. Non so, ero convinta in questo modo di poter capire cosa non era andato nella mia vita e di aiutare e di aiutami.

Non direi però che la proiezione sia stato l’unico motore di questa mia determinazione. C’è sempre stato dell’altro, una propensione al dialogo, all’ascolto, al giustizialismo etico, alla libera espressione ed alla conoscenza interpersonale, mentale, empatica. Da piccola soffrivo per chi subiva ed era solo.

Ora psicologa lo sono, “junior”, come dicono, e forse vale poco, ma al di là dei sogni caramellati di una bambina, credo di aver fatto la scelta giusta. Non mi sono mai pentita di aver imboccato questa strada, neanche quando ho smesso di studiare per qualche anno. In effetti è stato difficile, questo sì: 46 materie per una laurea triennale ed eventi di vita che ti scombussolano, che ti rendono per molti versi “altro da te” e dalle tue aspirazioni.

Ma alla fine ce l’ho fatta: sono regolarmente iscritta alla magistrale, dopo l’altra paura di perdere un altro anno non passando i test d’ingresso, dopo aver superato la paura di non riuscire a scambiare parole e pensieri con colleghi forse troppo piccoli rispetto a me. Dopo aver lavorato 2 anni a contatto con la sofferenza di ragazzi psichicamente “dis-abili” ed essere scesa a compromessi con un’istituzione (lo Stato) che non li garantisce; con una struttura comunale che perde continuamente le sue finalità a forza di avere a che fare con uno Stato che non li garantisce; con i naturali narcisismi dirigenziali frutto di questa epoca.

La tredicenne che voleva fare la psicologa è cresciuta: è diventata una ventinovenne sempre più convinta di diventare PSICOLOGA!

A volte ancora – pur essendo felice di studiare ciò che studio, di ascoltare ciò che ascolto e di lavorare a contatto con ciò che ho studiato e che continuo a studiare – mi chiedo: cosa vuol dire per me? Perché per me è così fondamentale? …Come se avessi ansia di illudermi, forse.

Non ho una risposta solo razionale. Credo davvero di essere partita da quella bambina sofferente, credo che lei sia dentro di me a spingermi ogni giorno ad avere chiare le idee, a pensare, a diventare una professionista ed una persona migliore.
Indubbiamente sono partita da quella bambina, sono lei, ma sono anche altro: quei vissuti, quelle consapevolezze, mi hanno portato ad emozionarmi e a ridestarmi ogni volta che mi rendo conto che posso migliorare una dinamica mia e altrui… ogni volta che sento che, se non facessi questo, sarei una persona meno utile e poco realizzata… ogni volta che imparo come funzioniamo, perché dimentichiamo certe cose, perché ne facciamo altre e come potremmo fare diversamente.

“Diventare psicologo” allora per me cosa è?

  • E’ tutto, nel senso che la mia persona si identifica con questo desiderio e con questa realtà, ed è felice all’idea di questo.
  • Ed è niente, perché credo che questa “identità di psicologo” sia da costruire ogni giorno. Ed è “niente” non in senso depauperativo, ma nel senso che è una sfida. Da affrontare quotidianamente, prima sui libri, poi con la ricerca e con i pazienti, se ne avrò. E inoltre sempre e comunque con la propria testa.

NON CREDO SIA FACILE, ma forse NON IMPORTA!
Mi sono sempre o quasi guadagnata ciò che ho, e questo mi è servito.

Ora il contesto ci fa credere (e magari è anche vero) che per noi sarà impossibile avere un lavoro, una pensione, esercitare la nostra professione; ci dice che non c’è spazio per noi, anche se i nostri libri.
I nostri professori ci dicono invece (e questo credo sia vero) che di spazio ce n’è tanto, ma sono lo Stato e la gente che non capiscono.

Io invece lo capisco: vedo che “l’ottusità” imperante produce gente afflitta, vuota, irrequieta, satura, bisognosa di parlare, di ritrovare o ricreare la propria reale interiorità, di risalire alla verità del proprio Sé.

Le resistenze sono tante. Ma sarebbe bello, quantomeno, far capire che un aiuto psicologico dà molto, aiuta quando sei perso, fa riscoprire risorse che forse neanche si credeva di avere.

Questa è una di quelle sfide che vale la pena combattere senza vergogna, perché non fa male a nessuno se io racconto che l’ho provato sulla mia pelle e che oggi sono qui (laureata ed in salute) probabilmente grazie ad un percorso di questo tipo. Non c’è vergogna a consigliarlo ed a farlo, ed essere/diventare psicologi oggi è anche questo:
– esplorarsi
– esplorare e spiegare
– superare certe censure morali/sociali che “uccidono”
– aiutare a capire quelli che per la gente sono vicoli…
– e trasformarli in possibilità
– guadagnarsi una fiducia non solo perché questo ci gratifica come singole persone, ma perché sai perfettamente che questo aiuterà anche chi te la dà, questa fiducia. Perché sai che con un semplice “atto” “emotivo” stai aiutando qualcuno e che questo qualcuno poi forse un giorno scoprirà che possiede quella chiave da “circolo virtuoso” per regalare questa stessa fiducia a qualcun altro
– …e così via.
[…]”

Dopo 10 anni, posso dire che SI PUO’! Posso dire con fierezza e com-mozione ai miei giovani pazienti che, pur soffrendo, si mettono in gioco per riuscire, che POSSONO!

 

Ad maiora semper, con fiducia realistica (: