“Abbandonare le terapie psicologiche, la verità dell’importanza della mente, ci espone al rischio di cambiamenti sociali e culturali apocalittici che sono inevitabili se non diamo il giusto peso all’esperienza personale e iniziamo a deridere i sentimenti, i pensieri e i desideri degli altri esseri umani nostri simili”
(Fonagy P. 2002).
Il termine “psicoterapia” appare in Europa intorno al 1800; in particolare, la pratica psicoterapeutica si afferma con l’ormai pluri-nominato Sigmund Freud e con le sue scoperte.
Con questo termine si indicano comunque vari metodi che si avvalgono di strumenti psicologici. In particolare, una paziente di Breuer definì la psicoterapia “cura con le parole” (in essa, curante e curato usano appunto le parole per comunicare e creare una relazione profonda!). Il dizionario Devoto-Oli la definisce “un sistema di cura fondato sull’impiego dei mezzi psichici diretti essenzialmente a ricostruire o rafforzare l’efficienza funzionale della personalità”. Per i miei professori Barone, Bellia e Bruschetta (2010), è “tutto ciò che migliora la salute mentale di un individuo o di un contesto relazionale, se attuato attraverso un servizio professionale, orientato da una teoria dei processi mentali e regolato da una contrattazione esplicita”. Per un altro importante autore come Fonagy (2002) “la psicoterapia è essenziale per la cura della salute mentale della persona nella sua interezza”.
Per essere più dettagliati, possiamo dire che ogni approccio terapeutico prevede:
– un modello della vita mentale, cioè una mappa di riferimento attraverso cui esplorare e comprendere il territorio “mente”;
– strumenti concreti, ovvero tecniche e modalità operative specifiche;
– E poi un altro aspetto fondamentale, quello centrale e basico: la relazione. Si può dire infatti che la relazione sia il 1° strumento terapeutico e che lo psicoterapeuta sia innanzitutto un “professionista della relazione”, in grado di usarla proprio come un mezzo di cura.
Nel mio modo di lavorare, due strumenti clinici sono essenziali:
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La parola.
Tutti parliamo, certo… Ma non tutte le parole hanno lo stesso senso e peso. Bisogna farne un uso sapiente!
L’uso curativo della parola ha origini antiche: risale addirittura alla maieutica socratica. Anche l’istituzione cristiana della confessione tiene presente l’effetto che il parlare e l’essere ascoltato ha nell’alleviare il dolore mentale. Non da ultimo, già la medicina antica conosceva il valore curativo del rapporto mediato dalla parola, in cui il medico si faceva partecipe del dolore mentale, si occupava della malattia somatica ed era anche un modello di salute (spesso esercitava la suggestione per influire positivamente sul comportamento patologico dei pazienti).
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La relazione.
La psicoterapia esprime il bisogno profondo ed universale degli esseri umani di guarire le proprie ferite morali ed affettive attraverso il contatto umano con un soggetto investito di una qualche capacità terapeutica.
Già nell’antichità era noto come l’incontro inter-umano avesse effetti terapeutici, trasformativi ed evolutivi. Non a caso, nel corso dei secoli varie figure rituali di tipo magico, mistico, sciamanico o religioso hanno incarnato questi aspetti terapeutici; anche oggi non mancano gli incontri in cui qualsiasi passante ti dice che “siamo tutti un po’ psicologi” (come sconferma una campagna lanciata dal nostro ordine per sensibilizzare sull’importanza della nostra professione, vedi ad es. qui).
E’ allora fondamentale sottolineare le differenze tra lo psicoterapeuta e chi si sente dotato di particolare empatia e o con figure investite di un potere sovrannaturale (es. sacerdoti, amici, guru vari ed eventuali): un terapeuta utilizza parole, metodi relazionali e conoscenze scientifiche al riparo da qualsiasi onnipotenza e nell’ambito di una relazione laica. Ciò soddisfa il bisogno di un contatto profondo e di una relazione d’aiuto intensa, ma senza stimolare nell’altro dipendenza passiva, né aspettative inconsce di potere salvifico. Ed è qui bene sottolineare che un curante non può non avere un’apposita formazione; senza essa, l’esercizio della professione di cura si riduce ad mero scambio commerciale e alla ciarlataneria!
Ed oggi?
Nel mondo attuale, la psicoterapia si colloca quasi sempre in contesti posseduti dall’illusione della fretta e della salute totale o della guarigione definitiva; per questo si opta spesso per terapie brevi e, apparentemente, dalla cura immediata. …Attenzione però! Tra esse e le terapie psicodinamiche medio-lunghe vi è la stessa differenza che esiste tra Antibiotico e Antinfiammatorio: quest’ultimo serve solo per calmare un problema contingente, ovvero il dolore o il sintomo. Risultati stabili e duraturi si hanno con “gli antibiotici”, ovvero con le terapie più a lungo termine: è vero, richiedono impegno e costanza, ma solo esse insegnano nel tempo a lavorare sul proprio profondo. E poi che frutti bellissimi danno però, se penso ad esempio ai miei pazienti… (:
____ BIBLIOGRAFIA: Bruschetta S., Bellia V., Barone R. (2010), Manifesto per una psicoterapia di comunità a sostegno della partecipazione sociale: la psicoterapia individuale e quella di gruppo rispondono ancora ai bisogni di cura della società?, Rivista Plexus Fonagy P. (2002) Regolazione affettiva, mentalizzazione e sviluppo del Sé, Raffaello Cortina Editore (trad. 2004), Milano Lo Coco G., Lo Verso G. (2006), La cura relazionale, Cortina, Milano.